Ma perché vanno all’indietro? Scugnizzi rugbisti a Scampia e la giardiniera di Chef Rubio
Ma perché vanno all’indietro? Che razza di sport è questo rugby? Sono le domande sceme che ti rimbalzano nella testa da neofita. Non capisci ma ti piace, perché più di altri sport è davvero simile alla vita. Il ruolo in cui giochi, i rapporti di forza, la consapevolezza di sé, le illusioni, essere un collettivo, lottare per appartenere a una squadra, e soprattutto la paura: imparare ad affrontarla o tirarsi indietro. Quando incontri ragazzini come Megalo e Masaniello è come incontrare piccoli da zero in condotta, fantastici Antoine Doinel moltiplicati per due. Ti aprono casa e ti aprono il cuore, si mettono in mostra e si nascondono, mixano la saggezza millenaria di un replicante di Blade Runner con la tenacia di un personaggino errante di Miyazachi. Seguendo loro scopri [ leggi tutto… ]
Gallizio e gli altri. Quell’avanguardia sul tanaro.
Il 13 febbraio di 50 anni fa scompariva Pinot Gallizio. Il cuore gli cedeva, come quasi con presagio aveva accennato nella sua ultima opera, L’anticamera della morte: vasi, brocche, mortai, utensili, una bilancia, un pendolo, persino un teschio, fissati per sempre in una nera immobilità su scaffali casalinghi. Chi era Pinot? Dapprima farmacista, pescatore, partigiano, archeologo, grossista di pere, caramellaio, aromatario ed alchimista. Poi pittore situazionista – dalla metà degli anni ’50 – dopo aver conosciuto il pittore danese Asger Jorn, fondatore del gruppo situazionista Cobra.
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Vi ricordate la fiat dei bei tempi?
TORINO – La Fiat Mirafiori è presenza intravista dietro l’interminabile perimetro del muro che la circonda. Per sei volte in 34 minuti, attraverso il finestrino d’auto, la macchina da presa segue quel muro in altrettanti piani sequenza che hanno per quinta il profilo di una donna. L’ultimo, arresta la sua corsa per inquadrare il Mirafiori Motor Village, lo show room interno alla fabbrica. Nitro étude # 1, cortometraggio del regista torinese Pietro Balla, presentato in concorso al Torino Film Festival.
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Nella giornata della memoria. Su una donna ghigliottinata che non ho mai conosciuto e su mio nonno.
Gli occhi neri e intensi di Marianne Golz mi guardano dalla foto che ho amato di più. Quegli occhi mi sono entrati dentro otto anni fa, come la sua storia, in un bar di Porta Palazzo a Torino, mentre Marcella, la mia amica storica mi parlava dell’ultimo libro a cui stava lavorando. Ancora una storia di donne.
Marianne Golz, una cantante d’operetta viennese che viene condannata a morte e ghigliottina a Praga dai nazisti nel 1943. La storia di questa donna ho provato a raccontarla nel 2007 in un documentario, “La vera storia di Marianne Golz”, che adesso è possible vedere on line sul portale www.onthedocks.it.
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Limitare i danni
“In pratica ci è venuto a mancare il racconto cinematografico degli ultimi venti anni di storia italiana …. Tutto quello che ha riempito le pagine dei nostri giornali (…) non è stato ritenuto (…) argomento abbastanza interessante per farne dei film”. Parto con un mio montaggio di una frase dell’articolo Cinerimozione di Angelo Pasquini su Alfabeta2 n 4. La penso così da molto tempo. Per questo rimando alla lettura dell’articolo e cerco di andare oltre. Un dettaglio: quando scrivo “film” intendo cinema documentario, docufiction, videoarte, rutti e scorregge con immagini e suoni. Insomma tutto quello che riproduce in visione un racconto.
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La mia parte di hard
Sono trascorsi quasi 20 anni dal mio viaggio tra “camerini ardenti”. Era l’inizio di un mio grande amore per un uomo. Ma soprattutto un viaggio per me iniziatico, femminile, sororale. Non è femminismo, come amava dire Natalia Ginzburg a chi presentava i suoi libri volendocene a tutti i costi trovare un po’. E’ sorellanza e desiderio di raccontare storie fatte col corpo. Erano gli anni ’90 e il mercato del sesso segnava il successo delle Fiere itineranti dal marchio Erotica Tour.
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